venerdì 2 marzo 2012

Moonflow

Era lo spettacolo più bello che avessi mai visto. Fluvilunio lo chiamavano.
Yuna osservava con la mia stessa luce negli occhi, era evidente che fosse la prima volta anche per lei. Pregai. Si, pregai per lei. Pregai perché potesse un giorno tornare a posare il suo sguardo su quel magnifico gioco di luci e colori. Ma non nello stato attuale delle cose. Con una mente libera, spensierata, priva di sofferenze e di responsabilità. Una vita in cui potesse essere veramente felice, in cui non dovesse soffermarsi ogni volta a dare l’addio ai luoghi che si lasciava alle spalle. Una vita che a quanto pare il destino non le aveva riservato, caricandola di un peso molto più grande di lei.
Ma quello stesso spettacolo che si stagliava davanti ai miei occhi altro non era che una danza di morte e decadenza, interpretata dai migliaia di lunioli in volo. E non era forse splendido? Così decisi di non concentrarmi più nel tentativo di scrutare la malinconia che affliggeva l’animo di Yuna, bensì sul suo sorriso. Sembrava così spontaneo, ispirato sicuramente dalla contemplazione delle rive del Fluvilunio. Un emozione l’aveva tradita ed era salita in superficie per affacciarsi al mondo. Uno spiraglio di umanità in un oceano di rassegnazione. Era incredibile che fosse ancora in grado di sorridere a quel modo.



Ero sul treno, tornavo da Roma. Non molto lontano da me c’era un ragazzo che teneva un Ipad in mano: sembrava stesse leggendo un e-book. Era stato lì per tutto il tempo, sin dall’inizio del viaggio, quindi non so perché mi sia capitato proprio in quel preciso istante, ma è successa una cosa particolare. Mi è caduto l’occhio sul suo Ipad, ed aveva sicuramente cambiato pagina rispetto a quando lo avevo guardato le prime volte, perché adesso l’impaginazione mostrava la chiara presenza di dialoghi, macchiando di bianco i lati, mentre prima il testo copriva tutte le estremità del “foglio”. È bastato questo a far scattare qualcosa dentro di me. Appena me ne sono reso conto ho sentito un improvvisa voglia di scrivere. Ma non di scrivere i soliti post: era voglia di scrivere un romanzo. Anzi, “il” romanzo: Final Fantasy X, che mille volte avevo ripreso e poi abbandonato. Mi erano già capitati spesso questi sbalzi improvvisi in cui mi veniva voglia di scrivere una particolare scena e cominciavo ad descriverla nella mia testa. Poi però tutte le volte soffocavo questa voglia e mi dicevo “se anche fosse, a quella scena ci dovresti prima arrivare: non puoi mica scriverla direttamente”. Ma adesso no, la voglia che aveva scatenato in me quella pagina di Ipad era troppa. Così ho preso carta e penna, e mi sono messo a scrivere. Stavolta non avevo nemmeno una scena ben precisa in mente, bastava che scrivessi qualcosa. Quindi mi sono semplicemente detto “scegli una scena e descrivila!”. E così è uscita fuori la cosa che avete letto sopra. Niente di che, due righe scritte di getto in dieci minuti poco prima di catapultarmi giù dal treno di corsa: è stato uno sfogo. Ma devo ammettere che è stato veramente intenso. Mi sono lasciato coinvolgere a tal punto che ho finito per confondere i miei pensieri e le mie emozioni con quelle dei personaggi di cui scrivevo. È stato veramente strano quando mi sono reso conto che mentre scrivevo i miei occhi stavano lacrimando.

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