lunedì 19 novembre 2012

Fili intrecciati


«Un euro e trenta».
Pagai. Niente era più bello che addentare un bel cornetto caldo straripante di nutella e buttare l’occhio sul culo di qualche bella pataccona prima di mettersi in viaggio verso la discoteca. Certo, era una bomba di calorie, ma con il mio fisico perfetto ed invidiabile non avevo nulla da temere: lunedì sarebbe iniziata una nuova settimana di palestra, ed avrei delineato ancora di più la mia tartaruga sull’addome. E poi stavamo per andare a farci una bella sudata (a Latina di sabato le discoteche erano sempre piene), dunque avrei bruciato tutto. Magari ci sarebbe scappata anche una bella trombata veloce nei bagni con qualche mignottona strafatta (avevo sfoderato il kit di giacca, cinta e scarpe fosforescenti, non so se mi spiego), ed allora si che mi sarei rimesso subito in forma!
Quel coglione di Andrea stava ancora decidendo quale pacchetto di gomme comprarsi. Sembrava stesse confrontando il prezzo di due diverse marche tenendo in conto anche il numero di gomme all’interno. Ma di matematica non ci aveva mai capito nulla: per questo stava lì senza riuscire ad uscirne.
«Dai bro, ma che cazzo te frega! Pija quelle che costano de meno e annamo, dai!».
Nel frattempo stavo guardando una figa pazzesca. Era in piedi da sola vicino alla colonna, sembrava stesse aspettando qualcuno. Alta, tacco vertiginoso, capelli neri arruffati con una ciocca che le cadeva sul viso, sguardo provocatorio. Una faccia da bocchinara che non vi dico! E aveva quel vestitino blu elettrico così corto che le copriva a malapena il culo. Mentre aspettavo Andrea non riuscito a staccarle gli occhi da dosso. Avrei potuto prenderla di forza, sdraiarla sul bancone del bar e distruggerla violentemente lì davanti a tutti, per quanto ero eccitato. Ed ero sicuro che le sarebbe pure piaciuto. Stavo per andare ad attaccare bottone usando qualche scusa, quando mi raggiunse Andrea. Quindi siamo usciti, ma passando per i tavolini mi sono fermato a salutare degli amici che stavano entrando. Al bar del porto è impossibile non incontrare qualcuno il fine settimana. Era un amico del Campanella. Non sapevo nemmeno come si chiamasse, ma quella volta che era partita la rissa al borgo per il derby della Roma era intervenuto al mio fianco insieme al Campanella, e da quel giorno ci eravamo sempre salutati. Girava voce che bazzicasse sempre nei pressi di Ostia perché gli piaceva farsi fare i bocchini dai trans. «Come te li sanno fare loro non te li fa nessun’altro, proprio perché hanno il cazzo e quindi sanno dove ti piace!» era la sua buffa teoria, ce la raccontava una volta il Campanella da ubriaco. A me quelle porcate da froci di merda non mi piacevano, preferivo di gran lunga rimorchiare la sera per una botta e via. Tanto qualcuna si trovava sempre.
Saliti in macchina, Andrea ha messo subito il cd che aveva fatto per la serata: una bomba! Eravamo partiti da qualche secondo, quando vedo un tizio che camminava sul ciglio della strada in direzione opposta alla nostra farmi segno con la mano. Aveva alzato lateralmente il braccio ed aveva messo la mano a forma di C, e la chiudeva e la riapriva proprio come quando ci si diverte a fare le ombre cinesi sul muro a forma di cane. Sembrava ce l’avesse con me. Avrà avuto un paio di anni in meno di noi, ma andava in giro con una cartella sulle spalle, come quella di scuola. Ma chi ci andava più in giro con quella roba? Poi la portava con entrambi i braccioli sulle spalle, come i soggetti. Ho fatto giusto in tempo a rallentare un pochino, e quando ci siamo passati accanto mi sono girato a fissarlo per vedere che cazzo volesse. Ma non ha detto nulla, ha solo ricambiato lo sguardo, ed in un attimo ci siamo oltrepassati.
«Hai visto quello?» ho fatto ad Andrea.
«Eh! Ma che cazzo voleva?».
«Boh, ma quando ci siamo passati vicino l’ho imbruttito!»
«Ahahah, hai fatto bene! Che coglione!».
Quindi ho alzato la musica a palla ed ho messo un braccio fuori dal finestrino, agitandolo a tempo di musica come facevamo sempre. Un attimo dopo è partita la seconda traccia. Questa spaccava di brutto, era potentissima! Mi stavo caricando, sentivo l’adrenalina crescere sempre di più, ed ho cominciato a fare il matto con la macchina, mentre Andrea accanto a me urlava «Dajeeeeeee!» e mi caricava ancora di più. È stato in quel momento. Ho visto una macchina che stava per tagliarci la strada. Non ho rallentato: era impossibile che non ci avesse visto, di sicuro stava per fermarsi e lasciarmi passare. Quello che era sicuro è che non mi sarei fermato io: era lui che avrebbe dovuto darmi la precedenza, e poi io ormai ero inarrestabile. Ma non si è fermato, ed in un baleno l’ho visto venirmi addosso. Ho avuto a malapena il tempo di rendermene conto, è durato un istante. Ho sentito la macchina sotto di me schizzare improvvisamente all’indietro, i vetri del parabrezza tagliarmi la faccia in più punti. Poi ho improvvisamente sentito la sensazione di vuoto, ed infine un fortissimo impatto alla nuca. Non ha fatto male, non ho sentito nessun dolore. Ma ho sentito il rumore dell’impatto rimbombarmi profondamente dentro la testa, ed improvvisamente si è fatto tutto nero.
Credo di aver sognato, non ne sono sicuro. Non mi sentivo come quando si è addormentati, ma ho provato una sensazione di vuoto assoluto per un infinità di tempo. Il mio corpo non poggiava contro nulla, come se non avessi più sensibilità, sembrava di essere sospeso nel vuoto. E non c’era niente. Per qualche motivo avevo gli occhi chiusi, ma riuscivo a percepire il vuoto intorno a me. E la mia mente era intorpidita, non mi permetteva ne di muovermi ne di pensare. Era come se volesse farmi rimanere lì a dormire, cullandomi. L’unica cosa che percepivo era il mio corpo, ma era fatto di una strana sostanza, sembrava denso, fluido. Ed era bello, era una sensazione rilassante, mi sentivo in pace. Non so quanto tempo era passato quando ho cominciato a sentire delle voci esterne ed a “risvegliami”. Inizialmente era solo caos, rimbombava tutto, poi ho cominciato a distinguere voci. Continuavo a sentirmi sospeso nel vuoto e così incredibilmente fluido, era una sensazione stranissima, ma poco a poco stavo tornando nella realtà. Ho provato ad aprire gli occhi, ma solo uno dei due ha reagito al comando. Ma è bastato poco per capirne il motivo. Da quel poco che riuscivo a vedere sembrava che fossi sdraiato a terra, con una guancia che premeva contro l’asfalto. Mi ricordai improvvisamente dell’incidente, di come fossi finito lì. Quindi la seconda cosa che mi saltò allo sguardo fu la grandissima pozza nera nella quale vedevo immerso il mio braccio inerme. Doveva essere sangue. Ecco perché mi sentivo così fluido, stavo colando al di fuori del mio stesso corpo. La successiva capacità che riacquistai fu la sensibilità della temperatura. Sentii improvvisamente il freddo gelido della notte. Ma in particolare sulla nuca, dove sembrava attraversarmi fino ad entrarmi dentro. Probabilmente il mio cranio non era più un involucro chiuso. Per fortuna non avevo recuperato il tatto, e tantomeno la percezione del dolore. Nemmeno più le emozioni sembravo in grado di percepire: non provavo paura, non provavo dispiacere, ero completamente apatico ed indifferente. Per ultimo, ricominciai a distinguere i suoni delle voci. Ero sicuramente circondato da molte persone, ma non riconoscevo la voce di nessuno che conoscessi. Qualcuno diceva di prendere i documenti, qualcun altro invece gridava di non toccarmi e di aspettare l’arrivo dei soccorsi. Poi distinsi una voce terrorizzata che non faceva altro che ripetere le stesse frasi freneticamente. La fonte del suono si spostava di continuo, quindi lo immaginavo muoversi avanti ed indietro. «O mio dio... o mio dio… giravano a luci spente… non li ho visti… o mio dio…». Le luci? Era stato per quello? Possibile che fossi stato così stupido da dimenticarmi di accenderle? Poi mi tornò in mente un dettaglio inutile: il ragazzo sul ciglio della strada che mi aveva fatto quel segno ad intermittenza con la mano. Ora era tutto chiaro: mi stava dicendo di accendere le luci. Chissà se pure Andrea se lo stava chiedendo, in quel caso avrei dovuto dirglielo. Soddisfatto di esseri finalmente tolto quella curiosità, mi venne da sorridere. E quella fu l’ultima cosa che riuscii a comprendere. Qualche istante dopo morii.

mercoledì 7 novembre 2012

Ciau!


Ma dove altro lo trovo (hic!) un principale che ti porta (hic!) a cena fuori ad Ariccia? :3

venerdì 2 novembre 2012

Storie brevi


Sono andato in fotocopisteria a stampare un foglio da una pennetta usb.
«10 centesimi».
Ma dovevo cambiare i soldi sani, quindi ho fatto finta di non avere spicci.
«Fa niente dai me li porti la prossima volta!». E sono uscito.
Sarei potuto non tornare più, ma mi dispiaceva. Così ho preso gli spicci e sono tornato dentro facendo finta di averli trovati in macchina. Stupore! La mia pennetta usb era ancora lì sul bancone, uscendo avevo dimenticato di prenderla.
Karma.

The End.