martedì 9 luglio 2013

Mario Biondi

Sono stato al concerto di Mario Biondi, all’Auditorium di Roma.
Che dire, è stato bellissimo. La musica di Mario Biondi non è esattamente quel tipo di musica che ti fa cantare a squarciagola, che ti fa saltellare battendo le mani, che ti fa scatenare (anche se ho cantato, sono stato tutte le canzoni a tenere il tempo con le mani travolto dall’entusiasmo del pubblico, la gente si è alzata in piedi a ballare, ed io mi sono scatenato sul posto), ma come ti inebria i sensi! È musica forse da ascoltare mentre si sorseggia un vino di altissima qualità, quando le luci sono soffuse, quando c’è una certa intimità con altri o con se stessi. È un jazz finissimo, che ti entra nell’anima e preme il bottone “amplifica sensazioni”, che ti fa ringraziare di essere al mondo per poterne ascoltare la delicatezza. E la voce di Mario Biondi è la ciliegina sulla torta. Se la musica è un vino di altissima qualità, la sua voce così calda, bassa e profonda, che alle volte diventa quasi una vibrazione che ti colpisce direttamente al cuore, è paragonabile ad una crema di liquore che, scendendo giù per la gola, è dolce ma allo stesso tempo ti fa bruciare il petto e ti scalda dentro.
Le canzoni non le conoscevo (tranne un paio), perché erano di un cd nuovo, ma quando ascolti jazz poco importa se conosci o meno: dal vivo è sempre travolgente. Poi l’orchestra era qualcosa di meraviglioso, i musicisti erano veramente di alto livello. Vi dico solo che sul palco ho contato circa 25 strumenti, ed i musicisti erano circa 12: sapevano suonare di tutto ed alternavano strumenti come se niente fosse, dovevano essere dei mostri della musica. E che musica che hanno fatto, infatti! Mario Biondi stesso, forse non tutti lo sapete, ma è un artista di uno spessore incredibile, è uno degli artisti italiani più conosciuti nel mondo di tutti i tempi. Collabora con produttori americani, artisti inglesi, band new yorkesi, artisti come Stevie Wonder, il famosissimo tipo che scriveva le canzoni a Michael Jackson ora le scrive anche per lui, eccetera. Insieme a lui c’erano altre due voci che gli facevano il coro o che duettavano con lui in assenza degli altri artisti presenti nell’album. Ed erano anche bellissimi da vedere, lì in piedi a ballare sul posto. Lei che si muoveva in modo molto femminile stringendo nel proprio pugno la sua lunghissima gonna per tirarla leggermente su, lui un ragazzetto nero perennemente sorridente con le treccine lunghe fino al sedere (che era un piacere vedere oscillare). Avevano tantissima presenza scenica, hanno attirato tantissimo la mia attenzione. Che poi il bello dei concerti è proprio questo: che puoi concentrarti su qualsiasi dettaglio tu voglia. Puoi benissimo fissarti a guardare un solo musicista e cercare di estrapolare, in base ai suoi movimenti, il suono del suo singolo strumento da tutto quel trionfo di musica, per capire quanto importante sia il suo contributo. Che poi, vogliamo parlare di quanto meraviglioso sia guardare un batterista che suona jazz? Penso sia uno dei generi che più gli lasciano libertà di espressione. Guardare un batterista che suona jazz è come guardare un bambino che gioca e si diverte. Ma non da meno sono gli assoli di chitarra elettrica e di pianoforte: Dio solo sa cosa fanno con quegli strumenti!
Insomma ne è valsa la pena.

P.S. Poi ti affacci in pieno pomeriggio dalla terrazza del Pincio, di notte imbocchi lo stradone che sul fondo ha l’imponente Vaticano tutto illuminato, e capisci che forse Roma è la città più bella del mondo


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