Sono stato al concerto di Mario Biondi, all’Auditorium di
Roma.
Che dire, è stato bellissimo. La musica di Mario Biondi non
è esattamente quel tipo di musica che ti fa cantare a squarciagola, che ti fa
saltellare battendo le mani, che ti fa scatenare (anche se ho cantato, sono
stato tutte le canzoni a tenere il tempo con le mani travolto dall’entusiasmo
del pubblico, la gente si è alzata in piedi a ballare, ed io mi sono scatenato
sul posto), ma come ti inebria i sensi! È musica forse da ascoltare mentre si
sorseggia un vino di altissima qualità, quando le luci sono soffuse, quando c’è
una certa intimità con altri o con se stessi. È un jazz finissimo, che ti entra
nell’anima e preme il bottone “amplifica sensazioni”, che ti fa ringraziare di
essere al mondo per poterne ascoltare la delicatezza. E la voce di Mario Biondi
è la ciliegina sulla torta. Se la musica è un vino di altissima qualità, la sua
voce così calda, bassa e profonda, che alle volte diventa quasi una vibrazione
che ti colpisce direttamente al cuore, è paragonabile ad una crema di liquore
che, scendendo giù per la gola, è dolce ma allo stesso tempo ti fa bruciare il
petto e ti scalda dentro.
Le canzoni non le conoscevo (tranne un paio), perché erano
di un cd nuovo, ma quando ascolti jazz poco importa se conosci o meno: dal vivo
è sempre travolgente. Poi l’orchestra era qualcosa di meraviglioso, i musicisti
erano veramente di alto livello. Vi dico solo che sul palco ho contato circa 25
strumenti, ed i musicisti erano circa 12: sapevano suonare di tutto ed
alternavano strumenti come se niente fosse, dovevano essere dei mostri della
musica. E che musica che hanno fatto, infatti! Mario Biondi stesso, forse non
tutti lo sapete, ma è un artista di uno spessore incredibile, è uno degli
artisti italiani più conosciuti nel mondo di tutti i tempi. Collabora con
produttori americani, artisti inglesi, band new yorkesi, artisti come Stevie
Wonder, il famosissimo tipo che scriveva le canzoni a Michael Jackson ora le
scrive anche per lui, eccetera. Insieme a lui c’erano altre due voci che gli
facevano il coro o che duettavano con lui in assenza degli altri artisti
presenti nell’album. Ed erano anche bellissimi da vedere, lì in piedi a ballare
sul posto. Lei che si muoveva in modo molto femminile stringendo nel proprio
pugno la sua lunghissima gonna per tirarla leggermente su, lui un ragazzetto
nero perennemente sorridente con le treccine lunghe fino al sedere (che era un
piacere vedere oscillare). Avevano tantissima presenza scenica, hanno attirato
tantissimo la mia attenzione. Che poi il bello dei concerti è proprio questo:
che puoi concentrarti su qualsiasi dettaglio tu voglia. Puoi benissimo fissarti
a guardare un solo musicista e cercare di estrapolare, in base ai suoi
movimenti, il suono del suo singolo strumento da tutto quel trionfo di musica,
per capire quanto importante sia il suo contributo. Che poi, vogliamo parlare di
quanto meraviglioso sia guardare un batterista che suona jazz? Penso sia uno
dei generi che più gli lasciano libertà di espressione. Guardare un batterista
che suona jazz è come guardare un bambino che gioca e si diverte. Ma non da
meno sono gli assoli di chitarra elettrica e di pianoforte: Dio solo sa cosa
fanno con quegli strumenti!
Insomma ne è valsa la pena.
Nessun commento:
Posta un commento